
In questi momenti difficili nei quali stiamo affrontando la pandemia del Coronavirus, vorremmo ricordare Raffaello Sanzio, a 500 anni dalla morte (6 aprile 1520), non solo per la magnifica mostra allestita alle Scuderie del Quirinale (che potrete visitare virtualmente sul sito https://www.scuderiequirinale.it/mostra/raffaello-000) ma per un’opera, forse meno conosciuta, ma molto interessante che riguarda la giovinezza di uno dei più grandi artisti del Rinascimento.

Raffaello si trovava a Città di Castello in quanto aveva sostituito il padre, Giovanni Santi, morto qualche anno prima, anche lui pittore con una avviata bottega a Urbino, dove lavorava per la corte di Federico da Montefeltro al Palazzo Ducale.
Raffaello era giovane ma già considerato un maestro. Non si sa perché venne chiamato a Città di Castello, probabilmente per sostituire Luca Signorelli impegnato ad Asciano e poi ad Orvieto, e visto che anche il Perugino non poteva lasciare la sua città, essendo uno degli artisti più richiesti.
E’ probabile che Raffaello facesse il pendolare tra Perugia e Città di Castello perché non esistono tracce sul suo soggiorno in città. Qui, però trovò molto lavoro: la prima commissione fu una pala d’altare, che purtroppo non è rimasta integra, e molte altre per le chiese sia a Perugia che a Città di Castello, almeno fino al 1504.
Lo stendardo processionale, datato 1499, a cui ci riferiamo, un olio su tela, si trova oggi nella Pinacoteca della Città di Castello. Da un lato sono rappresentati la Trinità con ai lati i santi Rocco e Sebastiano e dall’altro la creazione di Eva dalla costola di Adamo e due angeli.
Si sono avuti dei dubbi nel tempo sull’attribuzione dell’opera a Raffaello ma oggi i critici concordano tutti. Si nota l’influsso del Perugino soprattutto nel paesaggio e negli angeli e anche del Signorelli per l’impostazione dei volumi ma è tutta di Raffaello la visione equilibrata nello sviluppo dell’opera nello spazio.
Ma veniamo ai Santi. Rocco era un santo francese (veniva da Montpellier) ed è ricordato in relazione alla peste del 1368 perché ne fu colpito anche lui ma guarì grazie all’arrivo di un angelo e si impegnò ad aiutare i malati e a risanarli, imponendo loro le mani. Oggi è il protettore dalle epidemie e ci auguriamo che abbia un occhio di riguardo anche nei nostri confronti.
San Sebastiano è un martire che ricordiamo tutti per il martirio al quale fu sottoposto da Diocleziano: trafitto dalle frecce, sopravvisse, ma venne poi frustato a morte e buttato in una cloaca. Non si sa bene che rapporti ci siano tra il santo e la sua capacità di difendere dalle epidemie. Ma la sua fama comunque si è consolidata nel tempo in tutta Europa, da quando venne creato un altare in suo onore a S. Pietro in Vincoli a Pavia e dopo poco la peste finì. Anche a Milano c’è un tempio dedicato a San Sebastiano, pure questo innalzato in un periodo di peste (1576) e che rappresentò per i fedeli un efficace ex-voto. Anche da San Sebastiano, quindi, in questi momenti difficili, ci aspettiamo una mano!
Perciò, quando sarà possibile, passata la pandemia, vi invitiamo a visitare Città di Castello, potrete entrare nella Pinacoteca Comunale e ammirare anche altre opere di Signorelli. Ma Raffaello, è giusto ricordarlo, aveva realizzato cose eccezionali per Città di Castello ma per un motivo e per l’altro, oggi sono altrove.
Per la Chiesa di San Francesco aveva dipinto il celeberrimo “Sposalizio della Vergine”, oggi a Milano, a Brera, dopo essere passato per mani napoleoniche, e nella Chiesa di San Domenico, sempre nella città umbra, aveva realizzato un altro capolavoro, la “Crocifissione”, che ora si trova alla National Gallery di Londra.